Giuseppe Rossi
“Pacioli è più influente che originale” affermò Gino Loria, importante matematico italiano e fra i primi e più influenti storici della matematica, deceduto alla metà del secolo scorso.
Partendo da questa affermazione, si vuol fornire alcuni spunti per leggere le innovazioni che compaiono nella vasta produzione e nel lavoro del frate di Borgo Sansepolcro. Si è soliti concentrare l'attenzione sulla opera più nota e più imponente, la Summa de Arithmetica Geometria Proportioni et Proportionalità del 1494, concepita e prodotta come maestosa sintesi delle matematiche che avevano trovato applicazione o notorietà negli anni precedenti, trascurando, forse, che Luca Pacioli fu soprattutto un apprezzato insegnante, comunicatore, divulgatore - diremmo oggi. Fece lezione di geometria e di aritmetica in tante località d'Italia, parlò ai nobili delle corti e ai tecnici delle botteghe. Assistiamo, con lui, ad una fusione delle discipline matematiche ed a un loro diffusione, del tutto nuova rispetto agli anni precedenti e che sarà da modello per i secoli a venire, tanto che la Summa divenne il “libro di formazione matematica” per antonomasia, assieme, naturalmente agli Elementi di Euclide.
Nelle sue attività il Pacioli diede rilievo anche ai giochi matematici, sia redatti per i suoi studenti, come quelli recentemente recuperati e destinati agli studenti dell'Università di Perugia, sia raccogliendone moltissimi nel famoso manoscritto De viribus quantitatis. Non è questa certamente una novità assoluta, ma c'è una forte consapevolezza dell'utilità del gioco anche quale strumento didattico, in coerenza pare con le indicazioni delle teorie didattiche recenti: sempre Loria ha sottolineato come questa opera “non sarebbe stata indegna dell'onore della stampa e avrebbe giovato all'istruzione matematica della gioventù del tempo”.
Dal punto di vista notazionale, mentre la notazione tradizionale caratterizza ancora la prima opera a stampa di Luca Pacioli, la Summa de Arithmetica Geometria Proportioni et Proportionalità, si assiste a un netto progresso con la sua traduzione in volgare del Libellus de quinque corporibus regularibus di Piero della Francesca, che fa parte della prima edizione a stampa del De Divina Proportione, pubblicata a Venezia nel 1509, ove il Pacioli utilizza una simbologia algebrica innovativa e funzionale, adeguata alla pubblicazione a stampa, e quasi pronta al passaggio alla forma simbolica, come noi la conosciamo.
Nella lettura dei testi del Pacioli, non cercando soltanto contributi originali - che pure sono presenti - ma valutando il progetto culturale complessivo, si può rintracciare l'origine dell'idea che la matematica possa essere fondamento dello scibile umano, che ricorre così spesso nelle opere dei principali protagonisti della successiva rivoluzione scientifica. Il frate di Sansepolcro esprime, con i suoi testi, così come con la sua dedizione all'insegnamento, il suo progetto: ogni attività umana, ogni conoscenza è basata sull'impiego delle proporzioni; queste sono il linguaggio universale delle scienze e delle tecniche e anche il criterio con il quale il Creatore ha plasmato il mondo. L'uso della proporzione accomuna tecnici e dotti nella necessità della conoscenza matematica.
L'importanza della diffusione delle matematiche, l'esigenza di un codice adeguato alla comunicazione, compatibile con il supporto tecnico della stessa e una visione della matematica che superi il tecnicismo che allora come oggi rischia di accompagnare questa disciplina, almeno ad alto livello, sono tre innovazioni che Luca Pacioli apporta alla matematica del secolo suo, tutta chiusa nel latino dei dotti, nelle mura delle corti e nelle università, ridotta a corollario per le altre scienze.
Pensandoci bene in fondo l'insegnamento pacioliano potrebbe essere attuale anche oggi, peccato che ormai esso sia sì innovativo ma poco influente.
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