domenica 18 agosto 2013

Matematica e società: il Liber abaci di Leonardo Fibonacci e la cultura dell'abaco.


Il 1202 è, per l’Occidente latino, l’anno di una rivoluzione culturale di enorme portata. Leonardo Fibonacci pubblica un suo ponderoso trattato, il Liber abaci, destinato a influire profondamente sulla società del suo tempo. Come osserva Enrico Giusti (Matematica e commercio nel Liber Abaci in Un ponte sul Mediterraneo, p. 93):
Quando il Liber Abaci vide la luce, ottocento anni or sono, la matematica nell’Occidente cristiano era praticamente inesistente: se si eccettuano le traduzioni dall’arabo che alla fine del XII secolo un gruppo di studiosi andava conducendo nella Spagna mussulmana, traduzioni che riguardavano soprattutto i grandi
classici (Euclide in primo luogo) dell’antichità greca, ben poco circolava in Europa all’inizio del Duecento. Soprattutto ben poco di comparabile per mole e per profondità a quanto Leonardo Fibonacci avrebbe reso pubblico nel 1202.

Il trattato è molto vasto (nell’edizione di Baldassarre Boncompagni, quasi 500 pagine in-quarto grande) e può essere visto come diviso in quattro parti: la prima (i primi sette capitoli) insegna i fondamenti dell’aritmetica (le cifre “indiane”, la notazione posizionale, gli algoritmi di calcolo con numeri interi e frazioni). A questa seguono i capitoli di “matematica per mercanti”: cambi di monete, pesi e misure, acquisto e vendita di merci, baratti, società (capitoli 8–11). La terza parte contiene problemi “dilettevoli e curiosi”: fra questi il famoso problema dei conigli, che dà luogo alla famosa successione
di Fibonacci (1, 2, 3, 5, 8, 13 . . . : capitolo 12). La quarta parte contiene tecniche e problemi più complessi e astratti: dalla regola della “doppia falsa posizione” (cap. 13) a estrazioni di radici quadrate e cubiche (cap.14); dalla teoria delle proporzioni geometriche all’algebra (cap. 15).

Tutto qui? Un’opera capitale nella storia del pensiero umano sarebbe un volumone in cui sostanzialmente si insegna solo a fare le quattro operazioni? E' è roba da elementari. Delle nostre scuole elementari.
E proprio il fatto che questa matematica si sia radicata a tal punto nella nostra cultura da potere e dovere essere insegnata ai bambini insieme con l’alfabeto è la prova che attraverso il Liber abaci si veicol`o una rivoluzione culturale.

Per la prima volta, dopo la sua invenzione da parte dei Greci nel V secolo a.C., la matematica si compenetra nella società. Nel 1202 nasce una società che pone alla base delle sue transazioni un linguaggio, un metodo e un approccio matematici.

Lo svilupparsi di reti commerciali sempre più vaste, l’espandersi delle dimensioni delle imprese e le conseguenti esigenze di adeguare i sistemi di contabilità, fecero sì che le diffidenze iniziali si andassero rilassando nel corso del Duecento: Fibonacci stesso nel 1241 fu incaricato dal Comune di Pisa di tenere corsi per i suoi funzionari. Nasce così la figura del “maestro d’abaco”; prende piede un’istituzione fondamentale per la storia d’Europa: la “scuola d’abaco”. La sua diffusione, ancora esitante nel XIII secolo, diventa impetuosa nel corso del Trecento e del Quattrocento. Nella sola Firenze, tra l’ultimo ventennio del Duecento e il primo quarantennio del Cinquecento operarono a Firenze una settantina di abacisti, quasi tutti maestri d’abaco, e si ha notizia di venti scuole d’abaco. Verso la fine del Quattrocento, almeno il 25% dei ragazzi in qualche modo “scolarizzati” frequentava questo tipo di scuole; nella Venezia del Cinquecento la percentuale sale addirittura al 40%.

Alla scuola d’abaco si entrava circa all’età di dieci anni, dopo aver imparato a leggere e a scrivere a quella di grammatica; il corso durava circa due anni. Le scuole d’abaco erano ovviamente frequentate da coloro che volevano dedicarsi alla mercatura ma anche da chi intendeva entrare nelle botteghe artigiane per diventare architetto, pittore o scultore. Erano per la maggior parte istituite e sovvenzionate dai Comuni, ma molte (a Firenze, per esempio) erano private. è in queste scuole che si formarono alcuni dei grandi nomi del nostro Rinascimento: Piero della Francesca, Michelangelo, Machiavelli, Leonardo (per non citare che i più famosi fra quelli per cui esiste una documentazione certa) provengono da questo ambiente culturale e alcuni di essi, come Piero e Leonardo, lo alimentarono attivamente.
Fra il XIII e il XVI secolo la scuola d’abaco sarà la scuola di quello strato culturale intermedio che è al tempo stesso il produttore e il fruitore principale della matematica abachistica.
È lo strato culturale cui appartengono coloro che non sono illetterati, ma nemmeno ambiscono alle professioni liberali — medicina, diritto, teologia. Sostanzialmente estranei alla cultura universitaria legata inscindibilmente al latino, sviluppano una cultura parallela, che potrebbe chiamarsi cultura dell’abaco, dal nome delle scuole in cui si formano i mercanti, gli artisti, i tecnici, gli uomini d’arme, gli stessi nobili.

Che matematica vi si insegnava? Essenzialmente gli argomenti che abbiamo riassunto descrivendo il Liber Abaci, ma attraverso lo strumento del “trattato” o del “libro d’abaco”.
Warren van Egmond ne ha recensito un gran numero, e il Centro Studi della Matematica Medioevale dell’Università di Siena ne ha pubblicato diversi; se ne conoscono attualmente circa trecento. Il libro d’abaco diventa una sorta di prontuario di “esercizi” che serve al maestro per insegnare ai suoi scolari. La matematica della cultura dell’abaco prende infatti una strada molto diversa da quella della matematica classica e anche (sia pur in misura minore, date le sue origini) da quella araba. La struttura assiomatico-deduttiva scompare quasi completamente, l’insegnamento avviene per esposizione ripetuta a casi esemplari: il libro d’abaco ne costituisce appunto una riserva che il maestro potrà—avendone le capacità —ampliare. Lo scolaro, esercizio dopo esercizio, arriverà a poter trattare, oltre all’aritmetica e ai suoi algoritmi quei problemi che è destinato a incontrare quotidianamente nella sua vita professionale: interessi, società, compagnie, baratti, cambi di monete e di misure, problemi di geometria pratica (misure di campi, di capacità, di distanze).


La cultura dell’abaco si dota così di una sua matematica: una matematica nuova per una società nuova, che sembra aver dimenticato il modello greco. Sembrerebbe, da quanto siamo venuti dicendo, una perdita secca: non a caso, come discuteremo fra breve, il Medioevo non riuscirà a cogliere e ad apprezzare di Archimede che gli aspetti che più si prestavano a essere trasformati in regole pratiche: la misura del cerchio e quella della sfera. Eppure è proprio negli ambienti delle scuole d’abaco che si sviluppano i primi passi in avanti rispetto alle conoscenze classiche: tanto per fare due esempi la nascita della prospettiva teorica e la nuova teoria delle equazioni si sviluppano proprio attraverso il lavoro fatto nelle scuole d'abaco.

[testo tratto a P.D: Napolitani, L'Italia del Rinascimento, 2007]

Nessun commento:

Posta un commento

LA GEOMETRIA ELLITTICA – modello di Riemann

Questa geometria si ottiene sostituendo al quinto postulato di Euclide il seguente : “Ogni retta  s  passante per il punto P incontra sempre...