Da un po' di tempo rifletto sulle connessioni esistenti fra le matematiche antiche e quelle moderne e quanto siano importanti per queste ultime, le conoscenze ereditate da quelle più antiche. In questo quadro di pensieri, un nome viene spesso alla mante di chi ha letto qualcosa di storia delle matematiche. Pappo d'Alessandria. Chi è costui, si chiederanno tutti quelli che l matematica l'hanno studiata a scuola. Il nome dice poco ma in realtà il suo lavoro è stato un formidabile resoconto della matematica ellenistica e soprattutto la riscoperta delle sue carte è stato un vero "boost" per la rinascita delle scienze e delle matematiche nel Rinascimento. Per tentare di onorare la memoria di Pappo, ripropongo una bella paginetta tratta dal sito web del Prof. Montanari dell'Università degli Studi di Ferrara: http://web.unife.it/altro/tesi/A.Montanari/Pappo.htm
Dalla morte di Apollonio, la geometria classica non aveva più trovato nessun sostenitore. Tuttavia, durante il regno di Diocleziano (284-305), visse ad Alessandria uno scienziato animato dallo spirito che aveva posseduto Euclide, Archimede e Apollonio: Pappo di Alessandria. Verso il 320 compose un'opera dal titolo Collezioni matematiche, di cui possiamo vedere la prima pagina nella traduzione fatta da Commandino e pubblicata nel 1588 a Pesaro.
Essa è suddivisa in 8 libri di cui il primo è andato completamente perduto e il secondo perduto in parte. In questo caso, la perdita è meno grave di quella degli ultimi libri dell'Arithmetica di Diofanto: sembra infatti che i primi due libri riguardassero prevalentemente i principi del sistema di tetradi introdotto da Apollonio nella numerazione greca.
Nel Libro III Pappo fa una netta distinzione tra problemi "piani", "solidi" e "lineari": i primi sono costruibili solo con cerchi e rette, i secondi sono risolvibili mediante l'uso di sezioni coniche e l'ultimo genere di problemi richiede curve diverse da rette, cerchi e coniche. Pappo descrive poi alcune soluzioni dei tre famosi problemi dell'antichità: la duplicazione del cubo e la trisezione dell'angolo vengono presentate come problemi del secondo tipo, ossia come problemi solidi, e la quadratura del cerchio come un problema lineare. In questo contesto Pappo afferma virtualmente che i problemi classici presentano soluzione impossibile sotto le condizioni platoniche, poiché non appartengono alla categoria dei problemi piani. Tuttavia, solo nel XIX secolo si giunse a dare dimostrazioni rigorose di tale fatto.
Nel Libro IV Pappo torna a insistere sul fatto che ogni problema richiede una costruzione appropriata. In altre parole, non si dovrebbero usare luoghi geometrici lineari nella soluzione di un problema solido, né luoghi geometrici solidi o lineari nella soluzione di un problema piano. Considerando la trisezione di un angolo come un problema solido, suggerisce pertanto metodi che fanno uso di sezioni coniche, mentre Archimede in un caso aveva usato una neusis ossia una costruzione del tipo di quella su cui è basato il regolo calcolatore e in un altro caso era ricorso alla spirale, che è un luogo geometrico lineare.
Nel Libro IV troviamo anche delle generalizzazioni di teoremi precedenti. Per esempio vi è la generalizzazione del teorema di Pitagora: se ABC è un triangolo qualsiasi e se ABDE e CBGF sono parallelogrammi qualsiasi costruiti su due dei lati, allora Pappo costruisce sul lato AC un terzo parallelogramma ACKL uguale alla somma degli altri due. Per esaminare il metodo utilizzato si può accedere al sito L'area di Pappo [48]. Un altro esempio di generalizzazione è costituito da un'estensione dei teoremi di Archimede sul "coltello del calzolaio". Tale generalizzazione afferma che, se si inscrivono successivamente cerchi P¹, P², P³, ... come nella Fig. 1, tutti tangenti ai semicerchi costruiti su AB e su AC, e successivamente tangenti l'un l'altro, la distanza perpendicolare misurata dal centro dell'n-esimo cerchio alla base ABC è uguale a n volte il diametro dell'n-esimo cerchio.
Fig. 1 |
1. tra i poligoni regolari, a parità di perimetro, quello che ha area più grande è quello che ha il maggior numero di lati;
2. tra tutti i triangoli di assegnato perimetro, con la stessa base, quello che ha area maggiore è l’equilatero;
3. tra i poligoni, quelli con area maggiore sono le figure convesse, in particolare i poligoni regolari.Qui sembra che Pappo abbia seguito il trattato Sulle figure isometriche scritto quasi mezzo millennio prima da Zenodoro (180 a.C. circa), di cui sono stati conservati dei frammenti di altri commentatori posteriori. Fra i teoremi del trattato di Zenodoro vi era quello che afferma che tra tutte le figure solide con uguale superficie la sfera possiede il massimo volume, ma ne veniva data solo una giustificazione incompleta.
I Libri VI e VIII riguardano principalmente le applicazioni della matematica all'astronomia, all'ottica e alla meccanica (compreso un tentativo di trovare la legge del piano inclinato).
Il Libro VII riveste un ruolo primario per la storia della matematica, nel campo della geometria analitica.
La geometria greca si era limitata, fino a quel momento, allo studio di curve piane; è pertanto significativo il fatto che Pappo presenti in questo libro un problema generalizzato che comporta un numero infinito di nuove curve. Questo problema è noto come il "problema di Pappo"; la sua formulazione originaria, però, che comporta tre o quattro rette, sembra risalire al tempo di Euclide e sembra che si debba una sua soluzione ad Apollonio. Nondimeno da Pappo si ricava l'impressione che i matematici precedenti non siano riusciti a darne una soluzione generale; egli conferma, così, implicitamente di essere stato il primo a mostrare che tale soluzione è in tutti i casi una sezione conica. Inoltre, Pappo considerava il problema analogo per più di quattro rette. Nel caso di sei rette giacenti in un piano, egli riconosceva che una curva è determinata dalla condizione che il prodotto delle distanze da tre delle rette abbia un rapporto fisso con il prodotto delle distanze delle altre tre. Pappo esitava a considerare casi che comportassero più di sei rette per la ragione che
non esiste nessuna cosa che sia contenuta da più di tre dimensioni.Pappo non approfondì oltre lo studio di questi luoghi geometrici, ma fu senz'altro questo problema, ripreso in seguito da Descartes, il punto di partenza per l'elaborazione della geometria analitica.
In questo libro vi è poi un'esposizione completa del metodo analitico e viene descritta una raccolta di opere precedenti che hanno utilizzato il metodo di analisi e di sintesi, nota come il Tesoro dell'analisi. Pappo descrive l'analisi come
un metodo consistente nel considerare come ammesso ciò che si cerca e nello sviluppare le conseguenze sino a giungere a qualcosa che viene ammesso come risultato nella sintesi.Quindi, egli considerava l'analisi come una "soluzione alla rovescia", i cui passi andavano ripercorsi in senso inverso perché potesse costituire una dimostrazione valida. Se l'analisi porta a qualcosa che si ammette essere impossibile, anche il problema sarà impossibile, poiché una falsa conclusione implica una falsa premessa.
Tra le opere costituenti il Tesoro dell'analisi Pappo elenca i trattati sulle coniche di Aristeo, di Euclide e di Apollonio. Circa la metà delle opere elencate da Pappo sono andate perdute, tra cui la Sezione di un rapporto di Apollonio e i trattati Sulle medie di Eratostene e Sui porismi di Euclide.
Nel Libro VII compaiono teoremi molto importanti, tra i quali quello noto come "teorema di Pappo" sugli esagoni [49]:
Dato un esagono di vertici 1, 2, 3, 4, 5, 6, se i vertici di indice dispari appartengono a una retta e quelli d'indice pari a un'altra retta complanare, allora i punti X, Y, Z di incontro di coppie di lati opposti dell'esagono sono allineati. |
Un altro teorema che compare qui per la prima volta è quello che solitamente viene indicato col nome di Paolo Guldino, un matematico del XVII secolo (vedi teorema di Pappo-Guldino [52]):
Se una curva piana chiusa viene fatta ruotare intorno a una retta che non attraversa la curva, il volume del solido così generato viene calcolato facendo il prodotto dell'area delimitata dalla curva per la distanza percorsa durante la rotazione dal centro di gravità dell'area.Pappo era orgoglioso di questo teorema estremamente generalizzato: esso comprendeva infatti "un gran numero di teoremi di ogni sorta concernenti curve, superfici e solidi, i quali venivano dimostrati tutti simultaneamente mediante un'unica dimostrazione". Tale teorema è il più generale che si conosca nell'antichità relativamente al campo dell'analisi infinitesimale.
Le Collezioni matematiche di Pappo è l'ultimo trattato matematico veramente significativo dell'antichità, poiché il tentativo da lui fatto di ridare alla geometria nuova vitalità non fu coronato dal successo. Si continuarono a scrivere opere matematiche in greco per un altro millennio circa, ma gli autori che vennero dopo Pappo non raggiunsero mai il suo livello. Le loro opere hanno quasi esclusivamente la forma di commento a trattati anteriori. Lo stesso Pappo è parzialmente responsabile del proliferare di commenti del genere: anch'egli aveva composto commenti agli Elementi di Euclide e all'Almagesto di Tolomeo, ma di questi sono pervenuti solo dei frammenti. Commenti posteriori, come quelli di Teone di Alessandria, sono più utili per le informazioni storiche che contengono che non per i risultati matematici presentati.
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