lunedì 9 agosto 2010

Si potrebbe passare tutta la vita a studiare le bolle di sapone



Vi è qualcosa di più fragile e aleatorio delle bolle di sapone? A prima vista sembrerebbe di no. In realtà non è affatto così, come ci insegnano le ricerche su questo fenomeno che si sono susseguite per secoli. Il famoso fisico inglese Lord Kelvin arrivò a scrivere che si potrebbe passare tutta la vita a studiare le bolle di sapone; Isaac Newton nell’Opticks (1704), descrisse in dettaglio i fenomeni che si osservano sulla superficie delle lamine saponate; nel 1873 il fisico belga Joseph Plateau scopre che “Comunque elevato sia il numero di lamine di sapone che vengono a contatto tra loro, non vi possono essere altro che due tipi di configurazioni”. Una scoperta che sarà confermata solo nel 1976 dalla matematica nordamericana Jean Taylor.


Studiando le proprietà delle superfici minime, il nome “matematico” delle lamine di sapone, e di altre superfici che hanno la proprietà di minimizzare l’area, il matematico italiano Enrico Bombieri vincerà nel 1974 la medaglia Fields, l’ambito riconoscimento alla eccellenza della ricerca in matematica, disciplina per la quale non esiste il Nobel. Famoso l’articolo che Ennio De Giorgi, Enrico Bombieri e Enrico Giusti pubblicarono sullo studio delle singolarità (spigolosità) delle superfici minime in qualsiasi dimensione.


Non stupisce quindi che gli esperimenti si susseguano anche oggi. L'ultimo in ordine di tempo a conquistare le pagine di Nature è stato quello condotto da un gruppo di ricercatori delle università di Harvard e di Princeton negli Stati Uniti e del CNRS/Institut de Physique de Rennes in Francia. Il problema che i fisici si sono posti è: come scoppiano le bolle di sapone e altri tipi di bolle? Non svaniscono semplicemente, ma si dividono in anelli di bolle molto più piccole. In particolare James C. Bird e il suo collega francese Laurent Courbin hanno osservato il formarsi di “anelli” come risultato dell'esplosione delle bolle. Si sono poi accorti che il fenomeno si presenta molto spesso e praticamente ovunque: in una pozzanghera d’acqua dopo un giorno piovoso, nel lavandino quando si lavano i piatti, sulla schiuma sulla superficie dell’oceano. Inoltre i ricercatori hanno osservato che quando le bolle sono in contatto con interfaccia liquido/gas o solido/gas, il fenomeno aumenta generando una grande quantità di bolle di dimensioni più piccole.
Il fenomeno non è visibile a occhio nudo (come anche il solo osservare due bolle che si toccano e si attaccano insieme), così i ricercatori lo hanno filmato con una camera ad alta velocità. Per rendere visibile l’attaccarsi insieme di due bolle serve una camera a 1000 fotogrammi al secondo, mentre una normale camera filma a 24 fotogrammi al secondo. I ricercatori ritengono che i loro risultati saranno utili in molti campi, per esempio nella produzione del vetro dove non si vuole la presenza di bolle all’interno della struttura, e nel campo degli aerosol.


Se si pensa che la piscina olimpica per le olimpiadi di Pechino è stata costruita utilizzando modelli di lamine di sapone, non si può che concordare con quanto diceva Lord Kelvin più di cento anni fa sullo studio, da tantissimi punti di vista, delle bolle di sapone.
Riferimento: doi:10.1038/nature09069


O anche: http://www.planet-techno-science.com/en/index.php/2010/06/14/how-do-bubbles-burst/

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