mercoledì 28 dicembre 2011

La matematica nel “doppio ritratto” di Luca Pacioli


La matematica nel “doppio ritratto” di Luca Pacioli



Diamo un'occhiata agli oggetti sul tavolo.
1) Il volume chiuso: la Summa.
Si tratta di un dodecaedro in legno appoggiato su un ponderoso volume con la scritta L[IBER] R[EVERENDI] LUC[AE] BUR[GENSIS] facilmente identificabile con la Summa de aritmetica geometria pubblicata a Venezia nel 1494.
I volumi che uscivano dalle stamperie non necessariamente avevano una legatura, di solito le copie destinate ad un uso più diretto, come ad esempio quelle per l'autore, restavano rilegati soltanto con una semplice carta pergamena, mentre le copie per i personaggi più importanti venivano confezionate in modo ben più lussuoso. Quindi la ricca legatura indica quasi certamente che non si tratta della copia del Pacioli, ma della copia donata al duca, o al personaggio ritratto. I volumi che uscivano dalle stamperie non avevano legatura, le legature quindi potevano essere le più semplici in carta pergamena o ricchissime come vediamo qui.
La Summa porta la dedica a Guidubaldo da Montefeltro e questo è un buon argomento a favore dell’identificazione del personaggio col duca urbinate. Sempre nella Summa troviamo una notizia che riguarda Guidubaldo, cioè che Pacioli nel 1489 aveva donato al duca modelli dei cinque solidi regolari: quindi la Summa e il dodecaedro stanno lì a indicare la comunanza culturale tra il duca e il frate di Sansepolcro. In realtà nello stesso passo della Summa, Pacioli dice di aver donato solidi regolari e semiregolari a Pietro de’ Valentari da Genova vescovo di Carpentras, lasciando aperta la questione.

2) Il volume aperto: gli Elementi.
Il libro aperto è una copia della prima edizione degli Elementi di Euclide, Venezia 1482, l’unica edizione a stampa disponibile all’epoca.
Diversamente dall’altro volume non presenta una legatura particolare perché, evidentemente si tratta della copia del Pacioli. Lo si vede, e il pittore lo vuole far capire, perché riproduce anche le notazioni a margine che non ci sono nelle copie standard. Va notato che nel 1509 Pacioli pubblica a Venezia una sua edizione degli Elementi, nel 1495 (anno di presunta realizzazione del ritratto) ci stava lavorando sopra.
Il testo è aperto a una pagina precisa e facilmente individuabile, quella con la proposizione VIII del libro XIII: il quadrato del lato del triangolo equilatero inscritto in una circonferenza è tre volte il quadrato del semidiametro della circonferenza. Sotto inizia la proposizione IX: la sezione aurea del semidiametro di una circonferenza è il lato del decagono regolare inscritto in essa. L’indice del Pacioli è puntato sull’inizio della proposizione VIII. Questa è la proposizione in causa.
Considerando l’estrema e voluta cura con cui il dipinto è eseguito, si nota che la copia degli Elementi è raffigurata aperta a metà circa, mentre nel libro vero la proposizione VIII, libro XIII, sta a soli 20 fogli dalla fine: sembra insomma che nel volume del Pacioli ci fosse un altro testo rilegato assieme agli Elementi.

3) La lavagnetta.
La presenza della lavagnetta, assieme al gesso e al cancellino, indica che siamo in piena lezione di matematica. Nel bordo della lavagnetta è scritto EUCLIDES, sulla lavagnetta è tracciata una figura geometrica, dei segmenti, dei numeri.
Partiamo dalla figura geometrica. Si riferisce chiaramente alla figura che accompagna la proposizione VIII, ci sono i dati essenziali dell’enunciato cioè la circonferenza, il semidiametro, il triangolo equilatero inscritto; la costruzione per la dimostrazione sparisce, ma c’è in più una linea che parte dal vertice superiore del triangolo e rimane come sospesa. La domanda è se la figura tracciata da Pacioli è completa, o se Pacioli l’ha lasciata incompleta volutamente, sfidando chi guarda a capire.
Sembra che la figura geometrica tracciata sia incompleta perché Pacioli è colto nel mezzo, e non alla fine, di una enunciazione.
Se questa interpretazione è corretta, il quadro diventa una sfida matematica, ovvero, nel pieno spirito del Pacioli, propone un problema da risolvere, lancia una sfida.
Con una mano Pacioli indica una proposizione degli Elementi mettendoci in condizione di identificarla, mentre con la bacchetta indica il segmento tracciato solo in parte, manca solo la sua voce per dire: e adesso come andiamo avanti, come mettiamo insieme queste cose, che c’entrano?
Questo è un significato del quadro che ha le funzioni di ritrarre personaggi illustri, di squadernare un mondo matematico, di coinvolgere in questo mondo matematico, proponendo qualcosa d’intrigante, di enigmistico si potrebbe dire.
Proviamo a risolvere il quesito proposto. Se la linea è incompleta dove va a finire? Ritengo che debba terminare sulla circonferenza. Certamente la linea incompleta non finisce nella parte di circonferenza sotto il diametro. L'ambiguità dovuta al fatto che la circonferenza è vista di scorcio, lascia aperte due possibilità: il punto della circonferenza dove termina il segmento incompleto è il punto X dove il semidiametro DX perpendicolare al diametro AE, interseca la circonferenza, oppure termina su un punto della circonferenza più in alto.
4) Prima ipotesi.
Se cade dove cade il diametro, allora la linea, una volta completata, è il lato del quadrato inscritto nella circonferenza. Questa mi pare un’ipotesi dotata di buone ragioni. La prima ragione è la semplicità. Come dice la proposizione VIII, libro XIII il quadrato del lato del triangolo è tre volte il quadrato del semidiametro, è una relazione tra il semidiametro e il lato del triangolo inscritto. Immediato sarebbe pensare a una relazione tra il semidiametro e il lato del quadrato inscritto. Da cui si ricava facilmente la relazione tra i lati del triangolo e del quadrato inscritti nella medesima circonferenza. Se il quadrato del lato del quadrato è uguale al doppio del quadrato del semidiametro, allora vale la relazione che il quadrato del lato del quadrato è i 2/3 del quadrato del lato del triangolo equilatero.
L’ipotesi trova a mio parere una conferma indiretta dal calcolo numerico sempre sulla lavagna in basso a destra: 478 + 935 + 621 = 2034.
Conoscendo Pacioli è difficile che i numeri siano stati presi a caso. A un primo esame non si tratta di numeri particolari, ad esempio non sono numeri perfetti, numeri amici, numeri di Fibonacci, ecc. E nemmeno di un quadrato magico. L’unica diciamo armonia che ho trovato è la seguente: se 621 è il perimetro di un triangolo equilatero di lato 207, allora 478 è il perimetro del quadrato costruito sul raggio della circonferenza. Ovvero nella VIII, XIII Euclide geometra mette in relazione le superfici, mentre Pacioli che è anche aritmetico e algebrista mette in relazione numerica casi specifici di perimetri secondo l’uso dell’ambiente della matematica pratica, ovvero matematica abachistica, di trattare sempre specifici casi numerici. Anche i tre segmenti disegnati nell’angolo in alto a sinistra della lavagna acquistano un senso, rappresenterebbero le tre grandezze in gioco: il semidiametro, il lato del quadrato e il lato del triangolo equilatero.
Un ultimo indizio a favore di questa ipotesi è che il rombicubottaedro appeso è formato da quadrati e da triangoli equilateri.
5) Seconda ipotesi.
L’altra ipotesi è che il segmento incompleto cada prima del semidiametro. A mio parere le possibilità sono due: o il segmento è il lato di un pentagono regolare inscritto, o cade in un punto speciale che dà luogo a un rapporto aureo tra i segmenti.
In ordine di plausibilità dopo l’ipotesi del quadrato a mio parere viene quella del pentagono, cioè della ricerca delle stesse relazioni di cui sopra, ma tra il triangolo e il pentagono inscritti nella stessa circonferenza. Il rapporto tra i quadrati dei rispettivi lati è (5 - √5)/6 che non è poi più complicato del rapporto della sezione aurea che è (√5 – 1)/2. Teniamo conto che l’altro poliedro è il dodecaedro formato da 12 pentagoni e che la successiva proposizione IX riguarda proprio la costruzione del pentagono regolare.

6) Altre ipotesi.
Com'era consuetudine nei testi dell'epoca, il cerchio non indica una figura piana ma una figura solida cioè una sfera; il punto di caduta è individuato dividendo il diametro della sfera in tre parti uguali AH, HK, KE e mandando da H la perpendicolare ad AE che intercetta un punto X sulla sfera. Il segmento AX così ottenuto ha la proprietà di essere lo spigolo del cubo inscritto nella sfera, e la sezione aurea di questo spigolo è lo spigolo del dodecaedro inscritto nella medesima sfera. È la proposizione XVII del libro XIII degli Elementi.

Un’ulteriore ipotesi, senz'altro più remota perché poco coerente con il contesto del quadro, è sempre sulla sezione aurea.
Il segmento incompleto, e incompreso, cade in un punto della circonferenza individuato mediante la costruzione tipica della sezione aurea. Ovvero AG = AE e tra loro perpendicolari, si congiunge poi G col centro della circonferenza D individuando X sulla circonferenza. Si unisce poi X con E. Vale un rapporto aureo tra i segmenti così ottenuti:
(AX + XE) : XE = XE : AX.
Questa è una delle proprietà della sezione aurea che Pacioli elenca nella Divina proportione, tuttavia mi pare poco per credere che sia questo il caso in questione.

Infine potrebbe essere che Pacioli ci sfida a trovare un’altra dimostrazione della proposizione VIII libro XIII, diversa dalla dimostrazione euclidea. Dato il personaggio non è da escludere al cento per cento.



martedì 27 dicembre 2011

LEONARDO E I PROBLEMI CLASSICI DELLA GEOMETRIA

Propongo la mia traduzione con adattamento di un interessantissimo articolo di Sylvie Duvernoy che ho reperito in lingua inglese, con il titolo “Leonardo and Theoretical Mathematics”. La resa linguistica è senz'altro da migliorare, ma il contenuto mi sembra chiaro.
Giuseppe


LEONARDO E I PROBLEMI CLASSICI DELLA GEOMETRIA



§ 1 Introduzione
L'incontro con Pacioli segna una svolta nella vita di Leonardo per quanto riguarda lo studio della matematica. Guidato dal suo maestro e amico, ha iniziato uno studio sistematico di matematica teorica, attraverso le pubblicazioni più recenti e contemporanea fino ad arrivare torna ai testi classici della disciplina. E 'chiaro che, come ogni scienziato del suo tempo, ha accuratamente studiato gli Elementi di Euclide e si avvicina ai problemi della matematica greca. Abbiamo a nostra disposizione un buon numero di trattati di architettura e matematica prodotti nel Rinascimento, ma le ricerche preliminari necessarie per la compilazione di quei libri sono andate tutte perdute. Leonardo, invece, ha lasciato ai posteri una quantità enorme di documenti manoscritti che possono essere considerati come note preliminari per i testi mai pubblicati. Le sue note, anche se confuse e un po ' disordinate, sono molto preziose perché testimoniano il lavoro in corso e ci permettono di guardare direttamente nella mente dello scienziato. Mentre nei trattati definiti e pubblicati possiamo trovare solo le soluzioni di problemi e le regole scritte in forma definita, nei manoscritti di Leonardo si trovano numerose domande che l'autore si pone per giungere ad una conclusione, a volte, dandoci preziose informazioni per quanto riguarda il processo di ricerca matematica nel periodo rinascimentale, che coprono un ampia gamma di approcci, dalla grafica e l'aritmetica, di geometria e analisi.

§ 2 La duplicazione del cubo
La prima cosa che colpisce è come almeno due delle tre problemi della geometria classica erano frequentemente presenti nella mente degli scienziati del Rinascimento: la duplicazione del cubo e la quadratura del cerchio.
Leonardo dedicò molti sforzi per cercare di risolvere il problema della duplicazione del cubo. Questo problema, secondo la leggenda legata ad esso, è l'esempio più antico di una rapporto tra architettura e matematica. La gente di Delos dovette affrontare un enigma architettonico riguardante un monumento religioso. L'oracolo aveva chiesto di costruire un altare ad Apollo due volte più grande di quello precedente, che era di forma cubica. Ma quale dovrebbe essere la dimensione del lato del cubo nuovo al fine di ottenere un cubo di volume doppio rispetto a quello originale? Dopo un primo, sbagliato, tentativo che consiste nel raddoppiare il lato del cubo, il problema divenne da architettonico a matematico, dato che non avendo a disposizione il calcolo algebrico di quantità irrazionali, la questione restava aperta. La predilezione di Leonardo per questa specifico problema deriva sicuramente dal suo evidente interesse per la geometria tridimensionale e stereometria. I suoi molti sforzi per risolvere il problema passano attraverso ingenui tentativi empirici, fino allo studio di soluzioni classiche, seguendo i diversi tipi di metodologie di ricerca scientifica.

§ 2.1 Un approccio grafico: Codice Arundel, foglio 283v.
Leonardo si chiede se ogni tipo di semplice estensione da due a geometria tridimensionale esiste (fig. 1). Può il teorema di Platone sulla duplicazione del quadrato essere esteso alla duplicazione di il cubo? È il volume di un cubo costruito da un doppio quadrato doppio del volume di una singola unità cubo?



Se la diagonale di un quadrato con un lato di 1 è la visualizzazione grafica di la quantità incommensurabile della radice quadrata di due, è la diagonale di un cubo con un lato di 1 la risposta grafica al numero irrazionale pari alla radice cubica di 2?
Le risposte è negativa. La diagonale del cubo è pari alla radice quadrata di 3, e non la radice cubica di 2, che è un numero inferiore alla radice quadrata di 2.

§ 2.2 Un approccio aritmetico: Codice Arundel, foglio 283v.
A seguito di un'altra idea, Leonardo poi cerca di estendere il teorema di Pitagora su triangoli rettangoli dai quadrati ai cubi. Se la somma dei quadrati dei lati di questi triangoli è uguale al quadrato dell'ipotenusa, si può applicare lo stesso principio a cubi? Prendendo l'esempio più semplice, il triangolo 3-4-5 (il cosiddetto "triangolo egiziano"), il calcolo appare subito deludente.
Più in generale, c'è un numero di cubi che possono essere divisi in la somma di due minori numeri cubi? Sarebbero questi tre numeri portano alla scoperta di una particolare famiglia di triangoli? La risposta è no. L'equazione an + bn = cn non ha una soluzione in numeri interi per n > 2. Ma questo teorema non era ancora stata dimostrato: occorre attendere il 1753 quando Leonhard Eulero ha dimostrato che l'equazione a3 + b3 = c3 non ha soluzione. E la dimostrazione finale del cosiddetto "teorema di Fermat terzo", che è che l'equazione generale an + bn = cn non ha una soluzione per n > 2, è stato data da Andrew Weil nel 1993.

§ 2.3 Un approccio stereometrico: Codice Arundel fogli 223v e 223r.
Altre pagine testimoniano uno sforzo strenuo per risolvere il problema di Delo secondo un approccio stereometrico. Invece di raddoppiare il cubo di lato unitario, Leonardo inverte il problema e cerca di dividere un cubo in due più piccoli e uguali. Si comincia con un cubo che si divide in 27 piccole unità - che è facile perché è stato "fatto da la radice cubica di 27", pari a 3 -, ma 27 è un numero dispari le cui quote non possono essere riorganizzate in due piccoli uguali cubi. Così, Leonardo prende un altro cubo composto da 8 unità piccoli cubi e cerca di capire come organizzare quattro di queste unità in una forma cubica. Nel frattempo, cerca di scoprire se esiste una relazione direttamente proporzionale tra la superficie e il volume di un solido.
È la superficie di un solido proporzionale al suo volume? Questa eventualità potrebbe offrire una comoda soluzione per riportare il problema dalla geometria a tre dimensioni a quella bidimensionale, ma capisce subito che l'idea è sbagliata. La conclusione negativa si accende sul retro dello stesso foglio, che contiene l'affermazione "... in modo da non utilizzare questa scienza cubi in base alla loro superficie, ma secondo i loro corpi, perché una stessa quantità è diverse superfici di valori infiniti ... superfici pari non sempre contengono corpi uguali ... ". Quindi, tornando al cubo di 8 unità, Leonardo si chiede: "se ho un cubo fatto di otto cubi, l'ho fatto da la radice cubica di otto ... se la radice cubica di 27 è 3, che è la radice di 8? ".



§ 2.4 Un altro approccio aritmetico: Codice Atlantico, foglio 161r.
Trovare un valore approssimato per la radice cubica di 8, non avrebbe risolto il problema della duplicazione del cubo in ogni caso, né il corollario inverso, la sua divisione in due. Solo la determinazione di un valore approssimato della radice cubica di 2 avrebbe dato una soluzione a questo problema di aritmetica (fig. 3).


Occorre notare che nei libri pubblicati matematica dei tempi di Leonardo (ad esempio la Summa de Aritmetica geometria proportioni e proportionalità di Luca Pacioli, ecc ...), il valore di π era stato a lungo considerato circa uguale a 22 / 7, e la radice quadrata di 2 quasi equivalente a 7 / 5 (o 14/10), mentre le radici cubiche, che non sono uguali a un numero tondo, come ad esempio la radice cubica di 27 o 64, non sono approssimata da una frazione, ma rimangono come "radice cubica di x" e la gli autori non danno i valori stimati per loro.
Leonardo ha raggiunto una approssimazione accettabile per la radice cubica di 2: successivi tentativi di calcolo lo portano a concludere che un cubo di un 5 unità di lato ha volume circa doppio rispetto a quello di un cubo di un 4 unità laterali. Tutto sommato 125/64 è accettabile come una buona approssimazione di 128/64 = 2.
Quindi 5/4 può quindi essere considerata una buona approssimazione della radice cubica di 2, che può di conseguenza essere adottato da quel momento in poi ai fini pratici come approssimazione della radice cubica di 2 (fig. 4).




§ 2.5 Un classico approccio geometrico: Codice Forster I, foglio 32.
Oltre che ricercare delle soluzioni per la duplicazione del cubo, Leonardo studiò anche le soluzioni classiche dei matematici greci, probabilmente sotto l'egida di Luca Pacioli, che era uno studioso di Euclide. La prova di questo può essere visto nella interpretazione accuratamente disegnato di Apollonio metodo per il problema di Delo (fig. 5).


Ippocrate di Chio aveva ridotto il problema della duplicazione del cubo a quello di trovare due medie proporzionali tra due linee che rappresentano due grandezze aritmetiche. Le tre risposte più famose sono il lavoro di tre matematici dell'era platonica: Archita, Eudosso e Menecmo. Queste soluzioni sono state seguite da molti altri, tra cui uno attribuito a Apollonio che è particolarmente semplice sia concettualmente che graficamente. Il metodo di Apollonio non è tra le soluzioni classiche che cita Vitruvio nel suo trattato, e che Barbaro ha illustrare nel suo commento di Vitruvio, aggiungendo la proposta di Nicomede. Questo metodo è derivato da Euclide, e più precisamente dal Libro II, ultima proposizione: da un rettangolo dato, trovare un quadrato equivalente, o in senso opposto: da un quadrato dato, l'equivalente rettangolo di avere un data base (fig. 6).




La dimostrazione è la seguente: se le due prime linee dritte (A e B) sono assemblati per formare due lati adiacenti di un rettangolo, un righello deve essere posizionato sul lato opposto vertice di quel parallelogramma, e girando attorno al perno così formato fino a che taglia in due linee che si estendono fuori dai lati iniziali del rettangolo in due punti equidistanti dal centro del rettangolo. L'equidistanza è verificata - e dimostrata dal disegno dell'arco tracciato con un compasso il cui centro è posto al centro del rettangolo: il punto di intersezione delle sue diagonali. I valori dei due intervalli così ottenuto (X e Y) tra i lati del rettangolo ed i punti di intersezione saranno i due ricercati elementi proporzionali (fig. 7).



In accordo con la tradizione dei disegni matematici greci, il diagramma disegnato da Apollonio per illustrare la sua dimostrazione è estremamente schematica e bidimensionale: si rappresenta la proiezione ortogonale parziale di volumi su un piano parallelo ad uno delle loro superfici. Può essere considerato sia una vista dall'alto - ichnographia - o una vista frontale - orthographia. Il rettangolo rappresentato nello schema è la superficie di un parallelepipedo la cui profondità è uguale alla sua larghezza: un prisma (non rappresentabile sulla figura a causa della sua perpendicolarità al piano di disegno) a base quadrata e data altezza. La dimostrazione di Apollonio può essere compresa con l'aiuto della figura solo se il lettore è in grado di interpretare correttamente, sostituendo le informazioni mancanti per quanto riguarda la terza dimensione con un procedimento mentale che completa il messaggio. Leonardo, durante gli studi e schizzi, ha aggiunto la terza dimensione, trasformando la figura in una prospettiva (assonometrica?) di disegno, al fine di facilitare la comprensione (vedi fig. 5).



Il disegno di Leonardo mostrato nel Codice Atlantico fol. 588 r (fig. 8) illustra il caso in cui il cilindro è un cubo doppio, e fa una scoperta, quando nota (probabilmente per caso) che BF è uguale a BE. Ciò implica che la costruzione geometrica può essere ridotta a una manipolazione molto semplice e veloce del righello (con i più supporto leggero di una compasso), e rappresenta un passo importante verso la semplificazione delle soluzioni di questo problema, che ha ispirato le invenzioni più sofisticate e costruzione di pesanti strumenti di disegno meccanico fin dall'antichità. Il metodo di Leonardo permette di saltare prove meccaniche di Apollonio di bilanciare la linea sul punto A, e contemporaneamente disegnare un arco con centro in M, che Leonardo giudicata imprecisa e discutibile, con un risultato che può essere ottenuto solo attraverso ilfaticoso negozio”.


La semplificazione permette di diffondere e rendere popolare.
La rappresentazione grafica di questa quantità sconosciuta e incommensurabile della radice cubica di 2 è diventata facile come per esempio - la costruzione di un pentagono inscritto in un cerchio. Ma Leonardo ammette di non essere in grado di costruire una teoria esplicativa della sua ricerca personale, ed è per questo che possiamo supporre che egli ha raggiunto in modo del tutto empirico. La dimostrazione teorica non è specialità di Leonardo. L'indagine e la sperimentazione tendono a fermarsi quando una scoperta è stata fatta, nella speranza e la fretta di fare altro. La didascalia accanto alla figura nel Codex Atlantico riportata in fig. 8 dice: "Se tu mi dici per quale motivo il diametro della metà dei cerchio si inserisce sei volte nella sua circonferenza e perché la diagonale del quadrato non è commensurabili al suo fianco, io vi dirò perché la linea retta che va dal superiore vertice di uno dei due quadrati fino al centro del quadrato secondo ci mostra la radice cubica dei due cubi ridotta in uno solo ".

§ 3 La quadratura del cerchio
Leonardo si è anche prodigato nel tentativo di risolvere un secondo problema classico: la quadratura del cerchio. Un giorno si afferma anche di aver raggiunto una soluzione: nel Codice di Madrid II, foglio 112R leggiamo: "la notte di S. Andrea, ho finalmente trovato la quadratura del cerchio, e come la luce della candela e la notte e la carta su cui ho scritto stavano arrivando ad un fine, è stato completato, alla fine dell'ora "... ma la soluzione non c'è ....


L'approccio di Leonardo alla quadratura del cerchio è ovviamente ispirato ad Archimede, anche se non è chiaro se è per lettura diretta o solo per conoscenza di seconda mano. In ogni caso, è rimasto insoddisfatto del rapporto approssimativo tra il circonferenza e il diametro di 22 / 7. Perciò egli cerca di prendere questa approssimazione al di là del poligono a 96 lati, nel tentativo di portare la differenza di zone comprese tra cerchio e poligono ad essere il più piccolo possibile, pensando proprio al "punto matematico", che, da Euclide in poi, non ha estensione. Questa ricerca genera una quantità enorme di disegni che mostrano una varietà infinita di forme decorative (il meraviglioso Codice Atlantico, fol. 471, fig. 9). La ricerca geometrica si trasforma in un interminabile, giocoso, gioco di grafica. Leonardo voleva scrivere e pubblicare un trattato in modo da rendere pubblica la sua scoperta, e il suo titolo sarebbe stato De Ludo geometrico. Questa metodologia non porta ad una soluzione soddisfacente, o anche a qualsiasi progresso verso una risultato, ma il valore del suo impegno si trova in questo tentativo di estensione ad infinitum.




§ 4 Contributo di Leonardo alla ricerca matematica
E 'nel regno della geometria tridimensionale che Leonardo raggiunto il suo più grande risultato: la determinazione della posizione del centro di gravità di una piramide.

§ 4.1 Un approccio meccanico: codice Arundel, foglio 218 v.
Il passaggio alla geometria ridimensionale inizia con lo studio del libro di ArchimedeDe planorum aequilibris”. Leonardo deve essersi sentito a proprio agio con metodo sperimentale di Archimede, dove le superfici piane sono considerati un peso e sono appesi alla fine di leve e corde in ordine per determinare la posizione esatta del loro centro di gravità. Archimede si occupa di superfici, in particolare triangoli, mentre Leonardo estende l'esperimento ai solidi, e prima di tutto al tetraedro regolare. Sapendo da precedenti studi la posizione dei centri di gravità delle facce del solido, scopre che "il centro di gravità del corpo di quattro basi triangolari si trova all'incrocio dei suoi assi e sarà nel quarto parte della loro lunghezza " (fig. 10).


La generalizzazione di questa scoperta porta alla affermazione che "il centro di gravità ogni piramide - rotonda, triangolare, quadrata, o di qualsiasi numero di lati - si trova nella parte quarta del suo asse vicino alla base."
Il Codice Arundel foglio 123V vi è un ulteriore teorema in merito al tetraedro:
la piramide con base triangolare ha il centro della sua gravità naturale nel segmento che si estende dal centro della base [che è il punto medio di un faccia] a metà del lato [cioè, della faccia] di fronte alla base, ed è situato sul segmento equidistante della linea che unisce la base con il lato suddetto.





§ 5 Conclusione
Da questo breve studio delle opere di Leonardo nel campo della matematica teorica sembra che stereometria e geometria solida siano stati i settori in cui meglio si è espressa la capacità inventiva di Leonardo, e questo è probabilmente dovuto alla sua abilità nella rappresentazione tridimensionale, che gli ha permesso di ottenere una visualizzazione precisa degli oggetti dei suoi studi. Tutti i fogli dei vari codici sono pieni di schizzi prospettici che non sono disegnati in conformità alla recentemente costituita “costruzione legittima”, ma a seguito di una spontanea capacità di rappresentare che spesso genera una sorta di disegnio pre-assonometrico piuttosto che in prospettiva.
Su un piano più generale, possiamo concludere che Leonardo ha contribuito alla matematica e alla scienza nel periodo rinascimentale, dimostrando la potenza dello strumento di rappresentazione tridimensionale come un dispositivo di ricerca, tanto quanto uno strumento persuasivo.
La famosa serie di disegni dei solidi platonici - e non - che egli fece come illustrazioni per il libro del suo amico Luca Pacioli è semplicemente uno dei tanti esempi di questo senso.









LA GEOMETRIA ELLITTICA – modello di Riemann

Questa geometria si ottiene sostituendo al quinto postulato di Euclide il seguente : “Ogni retta  s  passante per il punto P incontra sempre...