lunedì 6 dicembre 2010

Piero della Francesca e l’Umanesimo matematico 4



Il matematico e il geometra


L’arte di Piero della Francesca si impone come una delle più conclusive espressioni della prima
generazione rinascimentale. Ascendenti diretti sono il Masaccio e Beato Angelico, di cui egli
esprime le rispettive conquiste prospettiche. La prospettiva dava una risposta all’esigenza, propria delle culture umanistiche, di ricondurre l’esperienza del mondo alle norme chiare della ragione umana. Nei dipinti nasceva il problema di rappresentare gli uomini e le cose su una superficie piana, aggiungendo alle due dimensioni di altezza e di larghezza, quella illusoria della profondità. Proprio con il "De Prospectiva Pingendi" la prospettiva avrà una formulazione più analitica e costantemente fondata su basi geometriche euclidee, specialmente nel ‘400 fiorentino, per questo motivo Piero della Francesca riceverà anche il nome di Euclide rinascimentale.
Con la prospettiva dei quadri di Piero della Francesca, i nuovi criteri di rappresentazione del reale sostituiscono le immagini statiche della pittura duecentesca e ricercano nella geometria delle forme e dei rapporti prospettici il rapporto con le cose. Le figure astratte e metafisiche di Piero della Francesca dimostrano che la prospettiva non è necessaria soltanto a quelle culture che, tendendo al realismo, affidano all’immagine il compito di riprodurre la realtà.
Le opere artistiche del pittore di Borgo San Sepolcro evidenziano la tendenza dell’uomo del
Quattrocento a indagare, a studiare la realtà in cui vive, che lo porta a definire le leggi della
prospettiva, a considerare le immagini nel loro volume, nelle loro proporzioni.
Concludendo, possiamo ritenere Piero della Francesca, oltre che pittore eccellentissimo, anche un matematico di notevole validità; tuttavia quella eccezionale cultura matematica non fu mai di disturbo nella realizzazione artistica giacché se ne avvaleva fin tanto che gli era utile ed era pronto a lasciarla quando stava per mutarsi in una presenza gravosa.
L'intento di Piero della Francesca, il più grande geometra dei suoi tempi come dirà Vasari, è invece quello di comporre, per la prima volta, sull'esempio degli Elementi di Euclide, un trattato geometrico formato da una serie completa di proposizioni, ognuna con una propria dimostrazione, concatenate logicamente tra loro per dar vita alla prospettiva come vera scientia. Piero rappresenta senza dubbio e più di ogni altro quella straordinaria commistione tra arte e matematica che se in Leonardo si diffonde come un nuovo pensiero su ogni frammento della scienza, della tecnica e dell'arte, in Piero diventa consapevole oggetto di studio, fondamento teorico della propria vicenda culturale . Le sue tre opere matematiche, il Trattato d'abaco, il De corporibus regolaribus e il De prospectiva pingendi testimoniano un lavoro intenso ed originale sui vari aspetti della matematica rinascimentale. La cura nel trattare i calcoli algebrici anche molto complicati, la centralità della teoria delle proporzioni, il gusto per le forme poliedriche e per il loro comporsi e decomporsi in altre forme, il tutto filtrato dalla genialità creativa del grande pittore, contribuiscono, crediamo, ad imprimere alla scienza occidentale, che da lì riprende avvio, quel gusto per il bello, per l'armonia che ancora oggi perdura in alcuni scienziati. 
Tuttavia il tentativo di Piero resta ancora non completamente svincolato dalla cultura medievale, con veri e propri errori di ragionamento, con una logica spesso discutibile, senza un chiaro quadro metodologico di tipo deduttivo caratteristico della scienza ellenista e del pensiero scientifico in generale.

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