venerdì 14 settembre 2012

Sono d'accordo con Odifreddi (per una volta)

Quello che segue è un post pubblicato il 28 agosto ultimo scorso da Piergiorgio Odifreddi sul sul blog - ospitato da Repubblica. 
Ecco il link: 
http://odifreddi.blogautore.repubblica.it/2012/08/28/perche-la-matematica/comment-page-1/

Come premessa devo precisare che a me Odifreddi piace poco in generale, pur essendo un buon divulgatore della mia disciplina, la matematica. In questo caso, però coglie il segno di un handicap culturale che il continente europeo paga rispetto al mondo anglosassone (e orientale): la scarsa diffusione dello studio delle matematiche nelle scuole di base e del secondo ciclo. In Italia, inoltre paghiamo lo scotto pesantissimo di una riforma Gentile che ha ispirato l'educazione per tutto il XX secolo e che tutt'ora fornisce la direttrice dei vari "riordini" scolastici. Quindi, per una volta, viva Odifreddi.


Perché la matematica?


Due settimane fa, l’inserto domenicale del New York Times ha pubblicato un articolo intitolato L’algebra è necessaria? A porsi la domanda non era ovviamente un matematico, o uno scienziato. Bensì, un politologo, preoccupato del fatto che ormai nelle scuole statunitensi la matematica sia diventata un ostacolo obbligatorio, che devono superare tutti coloro che poi vorranno iscriversi a qualunque tipo di corso di laurea all’università, scientifico o umanistico che sia.
“Pure i poeti o i filosofi devono studiare la matematica alle superiori”, si scandalizzava il povero politologo! E il suo argomento era che è giusto far sudare sulle equazioni o i polinomi gli studenti che se lo meritano, perché vogliono diventare ingegneri o fisici. Ma perché mai torturare gli altri, così sensibili, che vogliono invece scrivere versi o dedicarsi alla metafisica? Da noi, queste cose le dicevano Croce e Gentile un secolo fa, e il bel risultato che si ottiene a non far studiare la matematica agli umanisti lo si vede anzitutto dalle loro opere filosofiche, appunto.
Più in generale, non è certamente un caso che la filosofia analitica, che monopolizza il mondo anglosassone, sia così diversa da quella continentale, che domina nella vecchia Europa. Lo standard di rigore adottato dalla prima è infatti contrapposto allo stile letterario della seconda, e la matematica insegna anzitutto proprio quello standard. Questo è il primo motivo per studiarla: perché chi viene forgiato da una logica ferrea, nella quale un solo segno sbagliato può provocare disastri irreparabili, non si accontenterà più dei non sequitur di Heidegger o di Ratzinger, e rimarrà felicemente sordo alle sirene della metafisica filosofica o teologica.
Naturalmente, la ragione ha una sua bellezza. Dunque, il secondo motivo per studiare la matematica è educare l’occhio o l’orecchio della mente, per essere in grado di vederla o sentirla, questa bellezza. In fondo, nessuno si chiede perché si creano e si fruiscono l’arte o la musica: semplicemente, sono espressioni dello spirito umano, che soddisfano ed elevano chi le intende. Ma pochi sanno che c’è tanta bellezza nei progetti di Fidia, nelle fughe di Bach o nei quadri di Kandinsky, quanta ce n’è nei teoremi di Pitagora, di Newton e di Hilbert.
Gli esempi non sono scelti a caso. Perché nell’arte e nella musica ci sono, e ci sono sempre state, correnti razionaliste che parlano lo stesso linguaggio della matematica. E capire e apprezzare i loro prodotti richiede lo stesso grado di istruzione, e lo stesso livello di addestramento, che servono per capire e apprezzare i teoremi e le dimostrazioni. In entrambi i casi, all’insegna del motto che, certe cose, “intender non le può chi non le prova”.
E’ ovvio che certa arte e certa musica, allo stesso modo della matematica, richiedono uno sforzo superiore di quello sufficiente per guardare una pubblicità, orecchiare una canzonetta o leggere un romanzetto. Anche scalare l’Himalaya o le Alpi è più impervio che andare a passeggio, ma solo così si possono conquistare le vette, delle montagne o della cultura. E questo è il terzo motivo per studiare la matematica: perché lo sforzo di concentrazione e lo studio assiduo che sono necessari per fruirla, vengono ampiamente ricompensati dalle altezze intellettuali a cui elevano coloro che li praticano.
Infine, il quarto motivo per studiare la matematica è che serve. Senza le derivate e gli integrali, non avremmo la tecnologia meccanica ed elettromagnetica, dalle automobili ai telefoni. Senza la logica matematica, non ci sarebbero i computer. Senza la teoria dei numeri, i nostri pin sarebbero insicuri. Senza il calcolo tensoriale, i navigatori satellitari non funzionerebbero. Addirittura, senza la geometria non sarebbe stato scoperto il pallone da calcio.
Ma senza tutte queste cose, non saremmo comunque meno uomini, o uomini peggiori. Senza la ragione, la bellezza e la cultura, invece, sì. E’ per questo che la giustificazione utilitaristica, che di solito viene invocata per prima, qui appare non solo come last, ma anche come least: cioè, per ultima, anche in ordine di importanza.


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