sabato 27 agosto 2011

Api e ottimizzazione

Voi tutti conoscete le api. In aprticolare conoscerete le api bottinatrici, quelle dedcate alla raccolta dei fiori.


Forse qualcuno non sa che cosa siano i "problemi di ottimizzazione". L'inseparabile Wikipedia ci aiuta:

L'ottimizzazione, o programmazione matematica, è una branca della matematica applicata, in particolare dell'analisi numerica, che studia teoria e metodi per la ricerca dei punti di massimo e minimo di una funzione matematica; si ottiene così un modello matematico che traduce in termini matematici un dato problema (non occupandosi quindi direttamente di come tale modello sia stato costruito). L'ambito di ricerca privilegiato dell'ottimizzazione sono i modelli esprimibili in termini di funzioni di più variabili, nei quali i punti di ottimo vengono ricercati ponendo anche vincoli espressi secondo equazioni o disequazioni anche in termini di derivate successive.
Un qualsiasi problema di ottimizzazione può essere espresso nella seguente forma:
\left\{\begin{matrix} \min {f(x)} \\ x \in X \subseteq \mathbb{R}^n

\end{matrix}\right.
dove x è il vettore delle variabili decisionali a n componenti e X è il sottoinsieme dello spazio euclideo \mathbb{R}^n definito dai vincoli.
E che c'entrano le api? Beh le api sono eccellenti matematici, probabilmente inconsapevoli.

Le api bottinatrici vanno in giro per fiori e campi in cerca di nettare da riportare all'alveare. Che cosa devono fare per rendere efficiente il loro compito?
1) Portare il massimo carico di nettare possibile al nido oppure no?
2) E' più importante che l'ape rientri al nido con la massima quantità di nettare consentita da una giornata di lavoro?
3) oppure è meglio che “si preoccupi” di rendere massima la quantità di nettare procurata nel corso di tutta la sua vita?
A queste domande ha risposto Schmid – Hempel in tempi abbastanza recenti (1985).
Lo studio della morfologia dell'ape permette di vedere che essa torna al nido con un carico inferiore a quello che la sua costituzione fisica le permetterebbe.
Per capire il significato di un simile comportamento, bisogna tenere presente un parametro finora trascurato: il costo energetico del trasporto del carico. Per portare un bottino leggero di nettare, un'ape consuma in volo meno “carburante” di quello che le occorre se deve trasportare un pieno carico. Il suo rendimento, infatti, diminuisce via via che il carico aumenta: l'energia che consuma cresce in modo esponenziale mentre il guadagno in termini di volume di nettare consegnato al nido è modesto.
Incollando dei pesi sul dorso dell'ape è possibile dimostrare che il dispendio energetico dovuto a un cattivo rendimento accorcia la vita della bottinatrice: i giorni di vita delle api a cui Schmid – Hempel aveva aggiunto pesi superiore ai 20 mg si riducevano da 10,8 a 7,5.
Trasportare il massimo carico possibile si rivela perciò una strategia scadente nel lungo periodo: a causa della morte precoce, nel corso della sua vita l'ape sarà riuscita a portare una quantità di nettare al nido complessivamente minore. Schmid – Hempel dimostrò anche che le api seguono istintivamente una sorta di inconscia regola matematica per calibrare il peso ottimale da trasportare.
Qualcosa come: “una volta raggiunto il peso X, tornare al nido”. Incollando sul loro dorso un bastoncino sottile a cui era possibile aggiungere o rimuovere piccoli pesi di ottone, egli dimostrò che in presenza di pesi di diverse dimensioni le api venivano ingannate e tornavano al nido trasportando quantità minori di nettare ciò succedeva anche qualora i pesi fossero stati già presenti alla partenza e levati successivamente durante la ricerca: evidentemente questi piccoli insetti sono in grado di valutare il proprio peso complessivo durante l'esplorazione e ciò, probabilmente, giova a ottimizzare il rapporto fra carico e consumo energetico durante il volo.
Di Emanuela Coco, da atlanti scientifici giunti.

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